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Bioraffinerie: cosa sono e come funzionano

Le bioraffinerie sono sempre più protagoniste dello sviluppo sostenibile. Grazie a questi impianti, infatti, gli scarti vegetali e le biomasse vengono trasformati in combustibili biologici e altri prodotti, in un sistema di economia circolare a basso impatto ambientale. Queste strutture recuperano infatti i rifiuti di altri settori, come l'agricoltura o l'allevamento, e li trasformano in soluzioni efficienti e alternative ai combustibili fossili.

Bioraffinerie: cosa sono e come funzionano

Fonte immagine: Pixabay

Le bioraffinerie sono sempre più protagoniste dello sviluppo sostenibile, come alternativa ai combustibili fossili per la produzione soprattutto. Grazie a questi impianti, è infatti possibile recuperare scarti vegetali e biomasse per ottenere diversi biocombustibili e altri prodotti, il tutto a basso impatto ambientale e con un’emissione di gas climalteranti minore rispetto proprio alle fonti fossili. Ma cosa sono le bioraffinerie e come funzionano?

A oggi sono circa 224 le bioraffinerie in Europa e anche l’Italia può contare su diversi impianti. Una scelta strategica su cui il Vecchio Continente ha deciso di investire, in vista di una transizione energetica sempre più imminente, anche allo scopo di contrastare i cambiamenti climatici. Di seguito, tutte le informazioni utili.

Cosa sono le bioraffinerie

Con il termine bioraffinerie si indicano degli impianti, anche di notevoli dimensioni, che sfruttano scarti vegetali, residui agricoli, alghe e una grande quantità di biomasse per ottenere combustibili biologici, in particolare per produrre energia termica e, ovviamente, indirettamente anche energia elettrica. Ancora, alcuni dei combustibili biologici ottenuti grazie alle bioraffinerie possono essere impiegati per alimentare motori endotermici, con un impatto ambientale minore rispetto ai derivati del petrolio.

In linea generale, le bioraffinerie approfittano di processi come la fermentazione o la pirolisi – ovvero, la decomposizione delle sostanze organiche tramite processi termici – per ricavarne non solo i già citati combustibili, ma anche bioplastica, sostanze organiche utili all’agricoltura, enzimi e alcune tipologie di prodotti chimici. Poiché questi impianti si avvalgono sostanzialmente di scarti di altre filiere produttive – l’agricoltura, l’allevamento e la gestione dei rifiuti organici – le bioraffinerie sono un perfetto esempio di economia circolare. In altre parole, lo scarto non si trasforma in un rifiuto, ma in una risorsa da valorizzare per ottenerne degli utilissimi prodotti.

Le generazioni di bioraffinerie

Colza per bioraffineria
Fonte: Pixabay

Quello delle bioraffinerie è un universo in costante evoluzione, poiché le tecnologie impiegate vengono costantemente migliorate grazie alla ricerca scientifica e alla predisposizione di impianti sempre più efficienti, nonché a ridotto impatto ambientale. Tuttavia, è possibile identificare tre generazioni di questi impianti, a seconda dei loro utilizzi principali:

  • bioraffinerie di prima generazione: sfruttano materie prime di origine agricola o alimentare – cereali, amido di mais, olio di colza, olio di palma e via dicendo – per la produzione di gas e biocarburanti;
  • bioraffinerie di seconda generazione: si avvalgono di scarti provenienti dalle attività agricole e forestali, come le deiezioni degli animali allevati o, ancora, gli oli esausti dei macchinari;
  • bioraffinerie di terza generazione: impiegano alcune tipologie di vegetali non principalmente destinati all’alimentazione, come ad esempio alghe o erbe, per ottenere bioplastiche, polimeri vegetali e altri prodotti chimici.

Cosa sono le biomasse e i biocombustibili

Non si può però parlare di bioraffinerie senza introdurre il concetto delle biomasse. Così come stabilito a livello europeo, per biomassa si intende la porzione biodegradabile di prodotti, rifiuti e residui di origine biologica, purché provenienti dall’agricoltura, dall’allevamento, dalla silvicoltura, dall’acquacoltura e dalla gestione di rifiuti industriali e urbani, nonché da tutte le industrie connesse a questi settori.

Nella sostanza, si tratta di tutti quegli scarti organici che, se riutilizzati all’interno delle bioraffinerie, possono essere utili per la produzione di biocombustibili e altri prodotti derivati. Fra i principali biocombustibili oggi già ampiamente disponibili, si elencano:

  • bioetanolo: si ricava da scarti vegetali ricchi di amido o zuccheri, come canna da zucchero, mais, frumento e barbabietole, tramite fermentazione. Può essere impiegato come combustibile per camini, caldaie e anche per alcune tipologie di motore endotermico a benzina;
  • biodiesel: si ottiene perlopiù da oli vegetali e grassi animali, in particolare da soia e colza, e rappresenta un’alternativa a minore impatto rispetto al classico gasolio;
  • biogas: ricavato dalla fermentazione delle componenti vegetali e organiche in decomposizione, è sostanzialmente l’equivalente di metano e altri gas usati a livello urbano e industriale;
  • altri combustibili come biodimetiletere e bioidrogeno.
  • Come funzionano le bioraffinerie

    Bioraffineria
    Fonte: Pixabay

    Il funzionamento delle bioraffinerie può essere anche molto complesso, anche perché le tecnologie impiegate vengono di continuo aggiornate. Per facilitare la comprensione, è però possibile semplificarne il processo, identificando alcune fasi chiave:

    • Raccolta delle biomasse: il primo passaggio in bioraffineria è rappresentato dalla raccolta delle biomasse, ovvero degli scarti perlopiù vegetali, che devono essere trattati per ottenere biocarburanti o altre sostanze;
    • Selezione e trattamento iniziale: una volta raccolte le materie vegetali, queste vengono controllate e selezionate, dopodiché sottoposte a un trattamento iniziale – ad esempio, la loro triturazione – per facilitare i processi di decomposizione e fermentazione;
    • Conversione delle biomasse: a questo punto, le biomasse vengono trasferite negli appositi impianti dove verranno trasformate, ovvero convertite, nei prodotti desiderati. Possono quindi essere inserite in appositi serbatoi di fermentazione, grazie all’aiuto di batteri ed enzimi, oppure essere sottoposte a trattamenti termici ad alte temperature;
    • Recupero del combustibile e gestione degli scarti: infine, il prodotto della conversione – combustibile, gas, biopolimeri – vengono raccolti per la loro immissione sul mercato e gli scarti del processo, solitamente biodegradabili, vengono impiegati per la fertilizzazione dei campi agricoli o per la produzione di energia.

    Quali sono i vantaggi delle bioraffinerie

    Il ricorso alle bioraffinerie ha degli indubbi vantaggi, soprattutto a livello ambientale, poiché ottima alternativa ai combustibili fossili. D’altronde, si avvalgono di scarti biologici e, fatto non meno importante, spesso sono alimentate unicamente grazie a energie rinnovabili. Ma quali sono i loro principali benefici?

    • Produzione di biocarburanti alternativi ai classici combustibili fossili, derivati da scarti vegetali e organici e dalle minori emissioni in fase di produzione;
    • Valorizzazione di scarti e rifiuti, in un sistema di economia circolare, evitando che gli stessi vadano a contaminare l’ambiente o ad accumularsi in discariche;
    • Miglioramento del mix energetico, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili, poiché le biomasse possono essere efficacemente impiegate per la produzione di energia;
    • Creazione di un’economia circolare stabile e virtuosa a livello locale, poiché le bioraffinerie necessitano di stringere relazioni con le realtà agricole, d’allevamento e industriali sul territorio per il recupero e la valorizzazione dei loro scarti.

    Fonti:

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