Nutrizione parenterale gatto, come funziona
Quando in medicina veterinaria (e anche in medicina umana) si ha un paziente critico, che non riesce o non può alimentarsi da solo, è necessario applicare la nutrizione forzata. Ne esistono di due tipi: tramite nutrizione enterale con sondini o tramite nutrizione parenterale, per via endovenosa. Tutte e due le pratiche presentano vantaggi e svantaggi, ma oggi ci occuperemo della nutrizione parenterale: cosa si intende? Quando va fatta? Per quanto tempo? Ci sono effetti collaterali?
Se hai un gatto che non riesce o non può alimentarsi da solo, è possibile che il veterinario ti consigli di procedere con l’alimentazione forzata. Questo perché la malnutrizione che si instaura già dopo pochi giorni di digiuno provoca tutta una serie di alterazioni metaboliche gravi.
Tra queste deficit immunitario, la riduzione della disponibilità di ossigeno, un’alterazione del ciclo dei carboidrati, un metabolismo catabolico, abbattimento del sensorio, diminuzione della muscolatura, riduzione di volume degli organi viscerali e tanto altro ancora, fra cui problemi epatici, renali e anche acidosi metabolica. Per questo motivo oggi parleremo della nutrizione parenterale del gatto.
Qual è la differenza tra nutrizione enterale e parenterale?
La nutrizione forzata si può impostare in due modi: con la nutrizione enterale e con la nutrizione parenterale. La nutrizione enterale prevede l’uso di sonde:
- naso-esofagea
- naso-gastrica
- esofagostomica
- gastrostomica
- digiunostomica
Attraverso le sonde viene fatto passare il cibo. Esistono in commercio alimenti appositi, ma se servono diete specifiche queste vanno diluite con acqua, frullate bene e infine setacciate. Questo perché se sono troppo dense si ottura la sonda.
Tuttavia la dieta non deve essere neanche eccessivamente liquida: se c’è troppa acqua vuol dire che i nutrienti sono eccessivamente disciolti.
Per quanto riguarda la nutrizione parenterale, questa viene effettuata per via endovenosa. Ne esistono di due tipi:
- nutrizione parenterale totale o TPN: tramite accesso venoso centrale (giugulare o vena cava caudale) si fornisce al paziente tutto il fabbisogno energetico a riposo o RER. Per via della difficoltà di gestione e dei costi, in veterinaria è quella meno usata
- nutrizione parenterale parziale o PPN: tramite vena periferica, solitamente cefalica dell’avambraccio, si fornisce al cane il 50-60% delle kilocalorie del RER. Quella maggiormente usata
Quando iniziare la nutrizione parenterale nel gatto?
Ci sono diversi motivi che spingono il veterinario a impostare una nutrizione forzata. Fra le più comuni ricordiamo:
- qualsiasi motivo che conduca il gatto all’anoressia (anche una faucite, un granuloma eosinofilico in bocca o la presenza di ulcere, malattie come FIV/FeLV…)
- interventi chirurgici
- forte dolore
- grave vomito e diarrea
- problemi respiratori
- tumori
- sepsi
- chetoacidosi diabetica
In tutti questi casi, quando il gatto già non mangia da 24 ore, ha consumato tutte le scorte di glicogeno. Dopo soli 3-5 giorni di digiuno il gatto entra in uno stato di malnutrizione, con tutti i problemi che ne derivano:
- calo delle difese immunitarie
- debolezza muscolare
- riduzione della contrattilità cardiaca
- rallentamento della muscolatura liscia intestinale
Questo vuol dire che la risposta alla domanda “quando iniziare la nutrizione parenterale nel gatto” è subito, prima che si instauri la malnutrizione e prima che si sviluppi la lipidosi epatica.
Il problema della lipidosi epatica nel gatto che non mangia
Qui entriamo nel problema della lipidosi epatica nel gatto che sta troppo a digiuno. Già dopo tre giorni che il gatto non mangia niente, può instaurarsi questa problematica. In pratica il gatto anoressico non introduce nel corpo sufficienti proteine e carboidrati.
In questo modo l’organismo, nel tentativo di recuperare l’energia che necessita, aumenta il catabolismo dei grassi. Solo che tale mobilizzazione degli acidi grassi fa sì che il fegato si infarcisca di lipidi. Questi lipidi sostituiscono il tessuto funzionale epatico, causando così un’insufficienza epatica secondaria con sintomi come:
- anoressia
- ittero, colorazione gialla delle mucose e delle urine
- disidratazione
- perdita di peso
- encefalopatia epatica con convulsioni
Possono venir colpiti dalla lipidosi epatica i gatti di tutte le età, ma sono soprattutto i gatti sovrappeso e obesi a manifestarla di più. E questo perché si ha una maggior mobilizzazione di grassi. Naturalmente questa lipidosi epatica andrà a complicare la causa originaria del digiuno del gatto.
Come si effettua la nutrizione parenterale?
Come per il cane, nel gatto si tende a preferire una nutrizione parenterale parziale. Questo vuol dire che il vostro veterinario inserirà nella maniera più asettica possibile una cannula nella vena cefalica dell’avambraccio del micio.
Ogni tre giorni sarà necessario cambiare la cannula, altrimenti il rischio è che si sviluppi una flebite. La cannula deve essere controllata almeno due volte al giorno, bisogna controllare che non si formino coaguli che possano otturare la cannula e che essa sia ancora in vena. Questo perché i gatti sono bravissimi a togliersi la cannula due minuti dopo che l’hai inserita, anche quando è stata ben fissata.
Tramite questo catetere venoso si possono somministrare al gatto fluidi come soluzione fisiologica allo 0,9%, Ringer lattato e glucosata al 5%. Ma non solo: è possibile somministrare soluzioni colloidi, elettroliti, proteine, aminoacidi, carboidrati e lipidi.
Naturalmente il tutto deve essere monitorato dal veterinario in quanto, durante la somministrazione di questi prodotti, il gatto deve essere ospedalizzato e monitorato quotidianamente dal punto di vista degli esami del sangue.
Quanto dura la nutrizione parenterale nel gatto?
La nutrizione parenterale nel gatto dura fino a quando il gatto non riprende ad alimentarsi autonomamente: l’alimentazione per via orale è sempre preferibile, anche perché il paziente più viene alimentato per via parenterale, più le cellule della mucosa intestinale si atrofizzano perché non utilizzate.
Oppure fino a quando ci sono vene a disposizione da incannulare. Questo perché dopo uso prolungato, le vene si trombizzano, si rompono, si creano flebiti e quelle vene non possono più essere usate.
Quali sono le complicanze della nutrizione parenterale nel gatto?
Fra le complicanze e gli effetti collaterali della nutrizione parenterale nel gatto ricordiamo:
- vasculiti e flebiti
- ematomi
- infezioni
- aumentato carico di lavoro per reni e fegato, soprattutto quando si usano le sacche nutrizionali
- edema degli arti
- formazione di ulcere e necrosi cutanee, soprattutto quando stravasano determinati medicinali
- aumento dell’osmolarità ematica
- aumenta il rischio di tromboembolismo
Bisogna poi considerare due fattori:
- il carattere del gatto: ci sono gatti che, pur stando male, non ne vogliono sapere né di farsi mettere una cannula né di farsi fare una terapia del genere. Questi gatti devono essere sedati ogni volta, cosa irrealizzabile sul lungo periodo, specie se si parla di un paziente critico e instabile non sempre in grado di sopportare una sedazione
- il fattore costo: se una flebo di soluzione fisiologica o di Ringer lattato ha un costo e già molti proprietari si lamentano di questo, il prezzo di una sacca nutrizionale è molto, molto più alto. A seconda del tipo di sacca e di marca, si va tranquillamente dai 50 ai 100 euro a sacca se non di più. Vi immaginate la spesa quando si parla di dover fare un tipo di alimentazione del genere per parecchi giorni consecutivi? Questo per dire che conviene sempre chiedere bene il preventivo al veterinario prima di procedere onde evitare spiacevoli fraintendimenti a posteriori.
Fonti