Greenstyle Sostenibilità Consumi Bitcoin, mining in Cina minaccia per l’ambiente mondiale

Bitcoin, mining in Cina minaccia per l’ambiente mondiale

Bitcoin, il mining in Cina minaccia l'ambiente mondiale: i consumi di energia sono saliti alle stelle, così come le emissioni di CO2.

Bitcoin, mining in Cina minaccia per l’ambiente mondiale

Fonte immagine: Pixabay

La corsa ai Bitcoin potrebbe avere effetti devastanti sulla tutela dell’ambiente a livello mondiale, a causa delle sempre più intense attività di mining in Paesi come la Cina. È quanto emerge da un nuovo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications e condotto dalla University of the Chinese Academy of Sciences, dalla Tsinghua University, dalla Cornell University e dalla University of Surrey.

Dalla ricerca emerge come il 75% di tutti i bitcoin generati a livello mondiale avvenga in Cina, con un grosso impatto sul consumo di energia elettrica e il conseguente aumento di emissioni di anidride carbonica. Tanto che ora il mining potrebbe addirittura impedire alla nazione di raggiungere i suoi obiettivi di riduzione dei gas serra.

Bitcoin in Cina, minaccia globale

Nel mondo delle criptovalute, il mining è una vera e propria attività di “estrazione” di denaro virtuale. Prestando il proprio hardware per l’elaborazione di complessi calcoli matematici, gli utenti vengono di tanto in tanto ricompensati con dei Bitcoin. Il processo di generazione di nuova valuta virtuale non è stabile nel tempo e più moneta circola, più ridotta è la possibilità di ottenere nuovi Bitcoin.

Per questa ragione, servono sempre più macchine per generare criptovaluta in tempi mediamente brevi, un fatto che richiede un elevato consumo di energia. In Cina sono sorte delle vere e proprie società che, armate di decine e decine di server e GPU ottimizzate per l’estrazione dei Bitcoin, si occupano di mining 24 ore su 24.

A livello mondiale, il 75% di tutti i Bitcoin generati avviene in Cina, dove l’energia è relativamente economica per gli utenti finali e le società. Le tariffe ridotte hanno spinto molti a inaugurare delle strutture di mining mastodontiche, tali da produrre enormi quantità di CO2 quotidianamente. Il tutto considerando come in molte aree della Repubblica Popolare la produzione di energia si avvalga ancora di fonti fossili.

In tutto il mondo, il mining oggi richiede 128.84 Twh di energia. Secondo gli autori dello studio, entro il 2024 la Cina potrebbe raggiungere da sola una richiesta di 296.59 Twh, con l’immissione in atmosfera di 130.5 milioni di metri cubici di anidride carbonica in più. Entro il 2030, il consumo energetico del mining cinese potrebbe superare quello di interi Paesi come l’Italia o l’Arabia Saudita.

Stando agli esperti, una produzione così elevata di anidride carbonica potrebbe mettere a rischio gli obiettivi che la Cina ha scelto per il 2030 per rallentare i cambiamenti climatici. E nel 2060 non potrà raggiungere il target della carbon neutrality. Per questa ragione – considerando come il mining cinese abbia poi effetti ambientali in tutto il globo – gli autori richiedono che vengano adottate delle specifiche misure per arginare il fenomeno, pena un repentino inasprimento dell’inquinamento.

Fonte: CNBC

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