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Trivella affondata nell’Adriatico, rischio disastro ambientale

Una trivella affondata nell'Adriatico rischia di impattare gravemente sull'ecosistema marino: l'allarme è lanciato da Greenpeace.

Trivella affondata nell’Adriatico, rischio disastro ambientale

Fonte immagine: Pixabay

Cresce l’allerta per un possibile disastro ambientale in seguito all’affondamento di una piattaforma di trivellazione nell’Adriatico. Scomparsa il 5 dicembre 2020, forse a causa del forte vento, la trivella è stata in seguito rinvenuta sui fondali tra Italia e Croazia. A lanciare l’allarme è Greenpeace, che teme un ingente sversamento di idrocarburi nelle acque adriatiche.

La trivella scomparsa è stata rinvenuta a circa 40 metri di profondità. Forte preoccupazione da parte di Greenpeace per le sorti della Ivana D, questo il nome della piattaforma. Un impianto che secondo il report “Volano Trivelle” (pubblicato dalla stessa associazione) era giunta al limite della durata di esercizio prevista. Secondo Greenpeace l’Adriatico è popolato di piattaforme anche molto più vecchie di questa, esponendo l’ecosistema marino a un rischio potenzialmente maggiore.

Rischio di un disastro ambientale che sembrerebbe essere diventato già una minaccia concreta per quanto riguarda la Ivana D. A sostenerlo è Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia:

Le immagini satellitari raccolte da Cova Contro, relative alle ore successive all’incidente, mostrano la presenza di evidenti tracce rilevate dai sistemi satellitari di oil spill detection che, dapprima vicine alle piattaforme, successivamente si disperdono verso le coste croate e italiane. Chiediamo alle autorità preposte di verificare quanto accaduto e se ci siano stati fenomeni di inquinamento a seguito dell’affondamento della Ivana D.

Greenpeace chiede smantellamento di ogni trivella “datata”

Anche alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni è necessario intervenire, conclude Greenpeace, con lo smantellamento dei vecchi impianti. Troppo elevato il rischio per l’ambiente, ha concluso Giannì:

A febbraio scadono i termini della moratoria che ha congelato ogni nuova attività estrattiva e di ricerca negli ultimi due anni. Greenpeace chiede con forza una norma che blocchi per sempre ogni nuova attività estrattiva in acque italiane. Abbiamo bisogno di una rivoluzione energetica che renda questo Paese cento per cento rinnovabile, creando posti di lavoro e tutelando clima e ambiente. Si può fare, è il momento di agire.

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