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Rifiuti, il Regno Unito li spedirà ai Paesi poveri

Rifiuti, il Regno Unito intensificherà l'export in Paesi non in grado di smaltirli correttamente: dopo la Brexit, elude le norme europee.

Rifiuti, il Regno Unito li spedirà ai Paesi poveri

Fonte immagine: Unsplash

Il Regno Unito invierà gran parte dei propri rifiuti ai Paesi poveri, una misura che potrebbe essere addirittura intensificata dopo l’ufficializzazione della Brexit lo scorso 31 dicembre. E scoppia la polemica: mentre Boris Johnson sostiene che il proprio governo sia fortemente ambientalista, le misure verdi sembrano scarseggiare in tutta la Gran Bretagna.

Sono centinaia di migliaia le tonnellate di rifiuti che, ogni anno, il Regno Unito inoltra a Paesi poveri del mondo, spesso non dotati di sufficienti strumenti per il loro corretto smaltimento. Una questione da cui altre nazioni occidentali non sono affatto esenti, tuttavia dal primo gennaio 2021 l’Europa ne vieta la cessione a Paesi non OCSE. Misura, quest’ultima, che non riguarda proprio la Gran Bretagna data la Brexit.

Rifiuti ed esportazione all’estero

Lo scorso anno il Regno Unito ha esportato 7.133 tonnellate di rifiuti in Paesi non-OCSE, come Malesia, Pakistan e Indonesia. Jim Puckett, direttore del Basel Action Network, ha spiegato come il 90% di questi materiali di scarto sia composto da plastica indifferenziata, degli scarti che le nazioni riceventi non sono in grado di suddividere e riciclare data l’assenza di impianti adeguati. Per questa ragione, gran parte di questa plastica viene trasportata nelle discariche o, ancora, bruciata a cielo aperto con tutto ciò che ne consegue in termini di emissioni e di pericolose contaminazioni chimiche. Non è però tutto, poiché spesso la plastica in discarica viene trasportata lontano dai fenomeni atmosferici, per poi finire negli oceani.

Proprio per la scarsa disponibilità di impianti di trattamento e smaltimento in questi Paesi, e quindi i rischi per l’ambiente, l’Europa ha deciso di adottare una nuova regolamentazione che vieta l’esportazione di rifiuti nelle nazioni non-OCSE dallo scorso primo gennaio. Con la Brexit, il Regno Unito ha però trovato una scappatoia a questa limitazione, a quanto pare addirittura intensificando le esportazioni. Il governo di Boris Johnson ha introdotto una sorta di “consenso informato”, che permette ai Paesi riceventi di esplicitare l’intenzione di ricevere rifiuti o, ancora, di rifiutarli. Ma gli esperti hanno sottolineato come la misura sia solo di facciata, poiché stati molto poveri non si trovano nelle condizioni di poter operare un rifiuto per non rinunciare a ingenti entrate economiche.

Lo stesso Puckett ha commentato allarmato le ultime decisioni prese in Gran Bretagna:

Avevamo dato per scontato che il Regno Unito avrebbe almeno seguito indicazioni simili all’Europa, di conseguenza è uno shock scoprire come stiano insistendo per una procedura molto più debole, che ancora permette l’export di plastica contaminata e difficile da riciclare in Paesi in via di sviluppo.

Sono moltissime le associazioni ambientaliste pronte a protestare nelle nazioni riceventi, proprio poiché la mossa del Regno Unito non sembra dare a questi Paesi molte possibilità di rifiuto. Così spiega Yuyun Ismawati, attivista per la Nexus3 Foundation, gruppo ambientalista in Indonesia:

Disturba rilevare che il Regno Unito voglia continuare con le sue pessime pratiche nella gestione dei rifiuti, sfruttando i Paesi in via di sviluppo come discariche. In Indonesia abbiamo documentato enormi quantità di plastica di origine britannica, scaricata o bruciata all’interno di comunità agricole da aziende di riciclo ben al di sotto degli standard mondiali, capaci di recuperare solo una piccolissima percentuale di questi rifiuti.

Fonte: Guardian

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