Animali e rischio Covid, in Cina tornano i wet market
Animali, rischio Covid e altre pandemie: in Cina i wet market sono in piena attività, come evidenza un'inchiesta di Animal Equality.
Fonte immagine: MonicaNinker via iStock
Animali e rischio Covid, in Cina i wet market tornano in piena attività. Nonostante la pandemia in corso e i pericoli del cosiddetto spillover – ovvero il salto di specie di un virus da specie selvatiche all’uomo – i macelli cinesi operano senza freni. È quanto denuncia Animal Equality, che di recente è partita alla volta della Repubblica Popolare testimoniando una situazione altamente preoccupante.
Animali vivi chiusi in gabbie piccolissime, assenza delle normali norme igieniche, macelli improvvisati tra i banchi dei mercati: anche oggi si registrerebbero le stesse scene che, all’inizio della pandemia, fecero il giro del mondo.
Animali e wet market: il rischio contaminazione
Sul problema dei wet market si è discusso a lungo negli ultimi mesi e, secondo il parere della gran parte degli esperti internazionali, è proprio a partire da questi luoghi che la pandemia da coronavirus ha avuto inizio. D’altronde, sono ancora molto vive nell’opinione pubblica internazionale le immagini che provenivano dal mercato di Wuhan, dove lo scorso febbraio vennero registrati i primi contagi da coronavirus.
I wet market – o “mercati umidi” – sono così chiamati per le modalità con cui vengono detenuti gli animali. Gli esemplari sono solitamente chiusi vivi in gabbie molto ristrette, costretti a rimanere gli uni accatastati all’altri, e questa situazione favorisce la diffusione di virus, batteri e altri agenti patogeni. Poiché questi mercati non sono solitamente dotati di celle frigorifere, la selvaggina viene macellata sul posto in assenza di precise norme igieniche, rendendo così la contaminazione dell’uomo più probabile. Inoltre, vengono vendute molte specie esotiche o note per essere portatrici di virus pericoli: non è insolito rilevare fra i banchi cinesi pangolini, pipistrelli, serpenti, zibetti, ratti, insetti e molto altro ancora.
Wet market: l’indagine di Animal Equality
Animal Equality è di recente tornata in Cina, per verificare se la diffusione del coronavirus potesse aver determinato un freno alle attività dei wet market. A inizio pandemia, non a caso, lo stesso governo della Repubblica Cinese aveva promesso misure di contrasto per evitare futuri spillover.
Le immagini registrate dall’associazione mostrano però una realtà molto diversa. I wet market sembrano proseguire le loro attività esattamente come prima della pandemia, con ogni sorta di animale in vendita e condizioni igieniche davvero carenti. In un video pubblicato dalla stessa Animal Equality, ad esempio, si notano tartarughe, uccelli, insetti e altri animali vivi accatastati in gabbia sporche, uccisi al momento per il miglior offerente. Così spiega l’associazione:
Con l’aiuto di coraggiosi attivisti locali, abbiamo raccolto immagini esclusive nel luogo in cui si ritiene che tutto abbia avuto inizio: la Cina. […] Appena sono arrivati nei mercati i nostri investigatori hanno visto animali vivi e morti trasportati con veicoli che li esponevano a sporcizia e smog senza alcuna supervisione. In quei luoghi, vengono venduti e uccisi tartarughe, rane, anatre, oche, piccioni e pesci, riunendo specie animali che, nella vita naturale, non coesisterebbero mai, aumentando così il rischio di trasmissione di malattie tra uomo e animale.
Per questa ragione, Animal Equality chiede un immediato intervento a livello internazionale affinché questi mercati vengano definitivamente chiusi, poiché potrebbero rappresentare un pericolo per la salute umana in tutto il mondo. A questo scopo, è stata lanciata anche una petizione che vede già oltre 500.000 firmatari.
Fonte: Il Messaggero