Visoni uccisi per il Covid: la protesta anche in Italia
Visoni uccisi negli allevamenti di pellicce a causa del Covid: anche le associazioni italiane chiedono l'immediato divieto.
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Visoni uccisi perché positivi al Covid, la protesta giunge in Italia. Anche le associazioni animaliste e di tutela dello Stivale hanno deciso di muoversi per evitare l’ecatombe di visioni da pelliccia che, negli allevamenti del Nord Europa, si avviano alla soppressione. In particolare in Danimarca, dove la situazione contagi sembra ormai ingestibile.
Sin dall’inizio della pandemia da coronavirus si parla degli allevamenti di visoni sparsi nel Vecchio Continente, dove l’infezione si sta rivelando particolarmente pesante. E ora le associazioni richiedono di riflettere sulla situazione attuale, per chiedere un definitivo divieto alla produzione di pellicce.
Visoni e Covid: i casi europei
Saranno oltre 1.5 milioni i visoni che verranno sottoposti a eutanasia in almeno 74 allevamenti della Danimarca, dove il coronavirus si è diffuso rapidamente. Questi animali risultano particolarmente sensibili al Sars-COV-2 e, come rivelato da ricerche condotte nel corso della primavera, sembrano anche essere l’unica specie animale nota che può trasmettere il virus all’uomo. Ciò sembra invece non avvenire con altri esemplari, come cani e gatti.
Negli scorsi mesi casi analoghi si sono verificati in Olanda e, anche in quell’occasione, si è resa necessaria la soppressione degli animali. I Paesi Bassi ne hanno però approfittato per anticipare al 2021, quindi di tre anni rispetto all’iniziale timeline, il divieto di allevamento di visoni per la produzione di pellicce. Ancora, infezioni diffuse sarebbero state rilevate anche in Spagna e in altri Paesi europei.
La protesta
Anche le associazioni italiane hanno scelto di scendere in campo per la difesa dei visoni. Ad esempio, LAV ha lanciato una petizione per chiedere al Governo il divieto agli allevamenti:
Sono ormai consolidate le evidenze scientifiche che identificano gli allevamenti intensivi dei visoni (destinati alla produzione di pellicce) come veri e propri serbatoi del virus Sars-CoV-2, che nell’uomo causa la malattia Covid-19. Un virus che, per le condizioni di allevamento intensivo in cui migliaia di animali convivono in spazi estremamente limitati, trova un ambiente ideale per replicarsi, evolvere e dunque subire mutazioni.
Il rischio non è solo per la sopravvivenza di questi animali, ma anche di pericolose mutazioni che potrebbero peggiorare la tragica pandemia in corso. Così spiega Simone Pavesi, Responsabile LAV Area Moda Animal Free:
Il virus, per le condizioni di allevamento intensivo in cui migliaia di animali convivono in spazi estremamente limitati, trova un ambiente ideale per replicarsi, evolvere e dunque subire mutazioni. Quando un virus muta, c’è il rischio che cambi le proprietà. Può diventare più contagioso, più mortale. Ha senso continuare ad allevare migliaia di visoni per la produzione di pellicce sapendo che, oltre alla sofferenza arrecata agli animali, questa pratica può portare alla ulteriore diffusione del coronavirus e, anche in una forma potenzialmente più pericolosa?
Fonte: Corriere della Sera