Auto elettriche: l’estrazione del litio, componente fondamentale delle batterie
Le moderne batterie delle auto elettriche fanno uso del litio: vediamo le caratteristiche di questo metallo e quali sono i numeri legati alla sua estrazione.
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In futuro, dai tradizionali accumulatori agli ioni di litio per le auto elettriche si potrebbe passare a soluzioni meno impattanti per le risorse naturali. Come quelli ad alto contenuti di silicio, che assicurano una buona densità energetica. In generale, anche per le batterie cosiddette allo stato solido (litio e zolfo o litio e ossigeno) ci vorrà un bel po’ di tempo e bisognerà risolvere alcune criticità sul ciclo di vita. Al momento, insomma, gli accumulatori agli ioni di litio continuano a essere la soluzione pressoché obbligata per i veicoli elettrici. M. Stanley Whittingham, figura chiave nella storia dello sviluppo delle batterie al litio e premio Nobel per la chimica del 2019, pensa non a caso che “il litio continuerà a essere importante per i prossimi 10-20 anni”.
Il prezzo delle batterie, fra l’altro, continua a scendere. Nel 2019, secondo Bloomberg New Energy Finance, l’incremento della domanda mondiale e i miglioramenti tecnologici, con la diffusione di prodotti a densità energetiche più elevate, hanno fatto crollare la cifra intorno a 156 dollari per kWh, con una discesa molto marcata (-87%) rispetto al 2010. Nel 2023 i prezzi medi globali – al netto degli sviluppi legati al coronavirus – dovrebbero attestarsi sui 100 dollari per kWh. Ma per produrle ci vuole ovviamente la materia prima, e dunque l’estrazione del litio dalle miniere australiane e soprattutto dai deserti salati del Sudamerica che ha sollevato a più riprese un delicato dibattito.
Il litio è un metallo alcalino, il numero 3 della tavola periodica degli elementi, il cui mercato è in piena esplosione grazie al suo prezioso rapporto peso/potenza e alla sua capacità di non disperdere grande quantità di carica. Se il 56% della produzione è destinato alle batterie (dei gadget hi-tech come delle auto), il 23% si usa nelle ceramiche e nel vetro e il 6% nei lubrificanti. In dieci anni, fra 2008 e 2018, la produzione annua totale dei principali paesi produttori – Australia, Cile che dispone delle maggiori riserve, Cina, Argentina e Zimbabwe, in Europa il Portogallo con piccole quantità – è passata da 25.400 a 85mila tonnellate. Proprio per rispondere a questa crescente richiesta. Nel complesso, le riserve globali sono stimate intorno ai 14 milioni di tonnellate, vale a dire 165 volte il volume produttivo del 2018.
Se in Australia il litio si estrae appunto nelle miniere, in Cile e Argentina si trova nei deserti salati ad elevate altitudini. In particolare, nelle concentrazioni nei laghi salati sotterranei le cui acque vengono pompate in superficie e fatte evaporare all’interno di grandi vasche fin quando non rimane un residuo solido dalla concentrazione di litio al 6%, con procedimenti ulteriori di raffinazione. L’estrazione abbassa il livello delle falde acquifere che si trovano nei pressi delle saline e la realizzazione del carbonato di litio di grado commerciale prevede l’impiego di altri prodotti chimici oltre a grandi quantità di acqua, rischiando di intaccare l’economia di sussistenza delle comunità indigene. Insomma, questo processo sarebbe complice della desertificazione intorno al “triangolo del litio” fra Cile, Bolivia e Argentina. Anche se al lavoro estrattivo si sovrappongono altri fattori, dall’estrazione del rame all’agricoltura fino ai cambiamenti climatici.
Come combinare sostenibilità sotto tutti i punti di vista? Con una filiera garantita. Il litio utilizzato dal Gruppo Volkswagen, in ogni caso, è estratto in modo sostenibile e gestito alla stessa maniera lungo tutta la catena di approvvigionamento. A questo scopo il gruppo tedesco ha firmato lo scorso anno un memorandum d’intesa con l’azienda cinese Gangfeng – più che le riserve, infatti, sono le tecnologie la vera sfida del litio – per procedere alla fornitura di litio da diverse miniere australiane. Ma nei veicoli elettrici Volkswagen ce n’è anche di proveniente dal Cile. Non solo: il gruppo automobilistico sta raccogliendo dati, con il supporto di esperti indipendenti, per comprendere in modo obiettivo lo stato delle falde acquifere nel deserto di Atacama in Cile. Tutti i fornitori sono infine tenuti a rispettare elevati standard di tutela ambientale e sociale e in quest’ottica il colosso partecipa a progetti come la Responsible Minerals Initiative e la Global Battery Alliance del World Economic Forum.
Ci sono inoltre dei sistemi che lasciano ben sperare per il futuro, per esempio la condensazione dell’acqua da restituire al terreno invece della sua evaporazione o i filtraggi del litio direttamente dalle salamoie appena pompate, anche in questo caso da restituire alle falde sotterranee. Lo stesso governo cileno, ben cosciente di questa crescente richiesta, sta studiando soluzioni green – oltre che una migliore redistribuzione dei proventi dell’“oro bianco”, che rendano meno impattante l’estrazione di questo metallo fondamentale per l’elettrificazione ma anche per l’elettronica di consumo. Il punto essenziale è dunque l’impegno delle grandi case automobilistiche e dei loro fornitori di batterie, che dovranno dimostrare ai clienti come le materie prime impiegate siano state estratte in modo sostenibile e con tecnologie sempre più sofisticate.