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Shale gas: fracking possibile rischio per falde acquifere

Secondo due nuovi studi, i fluidi idraulici impiegati nel fracking contengono biocidi e tensioattivi potenzialmente pericolosi per le falde acquifere.

Shale gas: fracking possibile rischio per falde acquifere

Fonte immagine: Flickr

L’utilizzo del fracking nei giacimenti di shale gas, molto diffuso negli Stati Uniti, continua a far discutere l’opinione pubblica e a dividere il mondo scientifico. La tecnica della fratturazione idraulica, utilizzata per aprire delle crepe nelle rocce e favorire la risalita degli idrocarburi, si avvale di sostanze chimiche iniettate in profondità nei pozzi. Il pompaggio dei fluidi avviene sotto pressione.

Shale gas: fracking rischioso per le falde acquifere?

Il fracking ha permesso di abbassare il costo dello shale gas negli Stati Uniti, recuperando una grande quantità di idrocarburi anche dai giacimenti considerati esausti e aumentando notevolmente le rese dei processi estrattivi.

In passato il fracking è stato associato da diversi studi al rischio di terremoti lievi nelle aree limitrofe ai pozzi e anche a distanze maggiori. Un altro problema ambientale sollevato è il rischio di contaminazione delle falde acquifere. In alcuni Stati il fracking è stato messo al bando per precauzione. Due nuove analisi confermano i risultati di ricerche effettuate in precedenza, rivelando che i fluidi idraulici utilizzati nella fratturazione idraulica potrebbero penetrare nel sottosuolo, compromettendo le riserve di acqua dolce destinate al consumo umano.

Gli studi sono stati pubblicati sulle riviste scientifiche Trends in Environmental Analytical Chemistry e Science of the Total Environment. Le due ricerche hanno rivelato che i liquidi impiegati per la fratturazione idraulica contengono composti come i biocidi, potenzialmente dannosi per la salute pubblica se penetrano nelle falde acquifere.

Gli autori degli studi spiegano che bisogna portare la ricerca sui rischi del fracking a un livello successivo, effettuando nuove analisi più approfondite sulle conseguenze della tecnica. Solo ampliando le ricerche si potranno fornire dati più precisi ai Governi e all’industria dei fossili. Le autorità sanitarie potranno così mettere a punto nuove regole che disciplino le sostanze chimiche iniettate nei pozzi, prevenendo la contaminazione delle falde acquifere e del suolo e tutelando la popolazione.

I ricercatori fanno notare che le sostanze chimiche impiegate nel fracking ritornano in superficie. Se non si procede a un corretto smaltimento questi contaminanti possono inquinare le acque superficiali e sotterranee. Le compagnie petrolifere sono sempre state restie a rivelare il contenuto delle miscele iniettate nei pozzi.

Gli scienziati sapevano che ai fluidi idraulici venivano aggiunte delle sostanze atte a prevenire la proliferazione dei batteri. I ricercatori non disponevano però di dati precisi sull’effettiva composizione organica di questi composti. Grazie a ricerche più approfondite è stato possibile stabilire la natura dei fluidi, aprendo la strada a nuovi metodi per individuare l’avvenuta contaminazione delle falde acquifere e a tecniche più efficaci per lo smaltimento delle acque del fracking.

Come ha sottolineato Imma Ferrer, autrice principale della ricerca, svolta all’Università del Colorado di Bolder, già alcuni anni fa negli scienziati è nato il sospetto che il fracking potesse rappresentare un rischio per le falde acquifere:

In alcuni casi il liquido è fuoriuscito dai tubi penetrando nelle acque sotterranee. Prima di poter valutare l’impatto ambientale del fluido dobbiamo però sapere che cosa cercare. Solo se scopriamo cosa c’è dentro possiamo infatti controllare se le falde acquifere sono contaminate.

Gli studi effettuati in precedenza sulle sostanze iniettate nei pozzi si erano concentrati sulle sostanze inorganiche come gli elementi radioattivi. Utilizzando la cromatografia liquida e la spettrometria di massa i ricercatori hanno esaminato le sostanze organiche presenti nei fluidi idraulici, scoprendo la presenza di tensioattivi, sostanze utilizzate anche nei detergenti, e biocidi, composti potenzialmente dannosi che uccidono i microbi.

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